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    Concorso per il monumento a Umberto Giordano in Foggia

     

     

    I personaggi delle opere del musicista sono raffigurati come note su un pentagramma musicale. Foggia, 1956.

     

    Relazione illustrativa

     

    Su nuove basi, su nuovi concetti, e su nuove espressioni formali, si indirizza oggi l’arte monumentale, nella quale un concetto di astrazione dalla figura materiale dell’”Uomo” divenuto celebre per il suo genio, deve determinare quelle espressioni di forma, di armonia e di elevazione, che siano snaturate dalla rappresentazione realistica e oggettiva dalla persona come tale e dalle estrinsecazioni delle sue opere in forma retorica care agli artisti del passato. La commemorazione artistica moderna di una celebrità deve operare una sintesi del personaggio e della sua opera in modo, più lirico ed astratto tale da fornire una lettura immediata e complessiva  dell’opera e del pensiero dell’uomo immortalato.

     

    Su questi principi è stato immaginato il monumento da erigersi in Foggia al grande maestro Umberto Giordano, la cui figura è stata attentamente considerata ed estrinsecata in quelle che furono le sue preminenti manifestazioni di produzioni di arte.

     

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    E’ infatti noto che il maestro Giordano, la cui fervida fantasia musicale fu messa a servizio di una precisa, calcolata e perfetta sapienza contrappuntistica, ha creato una serie di opere liriche da teatro, nella quale slanci lirici di canto melodioso e strumentazione sinfonica si sono fusi mirabilmente in un organismo armonico ottenendo successi mondiali e meritata fama d’immortalità.

     

    Musica operistica, dunque, musica da “teatro”, nella quale l’azione scenica era logico e preminente complemento alla melodia d’ispirazione. E questa creazione soprattutto teatrale è quella che nell’opera da noi immaginata si è voluta particolarmente mettere in evidenza, creando un monumento formato da spazi e da ambienti che specialmente richiamassero alla mente il palcoscenico per il quale le opere del Maestro furono concepite e rappresentate.

     

    Infatti tutto il complesso si eleva sul piano andante del piazzale di circa 80 cm, in modo da formare un ampio podio rialzato. Data la posizione prescelta dal Comune, al centro del giardino pubblico – che, se pur modesto in estensione, rappresenta una piccola oasi di verde nel pieno centro della città- su questo largo ripiano sopraelevato possono avvenire manifestazioni di vario genere, specialmente a carattere musicale, per cui tutto il complesso del monumento può avere una funzione, un’utilizzazione, una vita, un significato e non restare inutilizzato e dimenticato. Infatti su di esso potranno prender posto complessi orchestrali, bande, cori, ecc. che in determinate occasioni faranno rivivere le immortali musiche del Maestro e comunque allieteranno i cittadini in una degna cornice.

     

    Il complesso monumentale è quindi formato da tre elementi plastici distaccati, ma nello stesso tempo collegati, ciascuno con proprie funzioni e con proprie figurazioni e derivazioni. Infatti sulla sinistra del grande podio è immaginata una parte a quinte variamente inclinate e orientate a formare elementi di spaziati scenici in cui il gioco delle ombre e la originalità delle forme contribuiscono a sostenere e a conchiudere da un lato l’ambiente del complesso monumentale. Sulle quinte sono incise raffigurazioni delle principali scene con i personaggi delle opere più significative del Maestro (Andrea Chenier, Fedora, Siberia, La cena delle beffe, Madame Sangène, il Re), alternate da rappresentazioni di drappeggi e panneggi a rappresentare il sipario – elemento tipico del teatro d’opera – e da qualche elemento di macchinario e di scenotecnica teatrale.

     

    Dal lato opposto si eleva in senso decisamente verticale, un gruppo in bronzo di notevole altezza che domina il piazzale, dal quale attraverso elementi e forme strumentali stilizzate formanti l’orchestra sorge la figura del Maestro a dominarli e a trarne melodie e sinfonie. Ed infatti l’ampio gesto delle braccia e delle mani non è rappresentare quello abituale del direttore d’orchestra – che quasi mai il Maestro diresse le proprie opere – ma è a significare lo sforzo creativo che dagli strumenti trae, eleva e nobilita, attraverso la ridda dei suoni, l’armonia melodica del canto e dell’orchestra. Per le ragioni al principio accennate la figura del Maestro è stata quasi idealizzata e trasfigurata dando soprattutto valore allo slancio delle braccia, alla inclinazione della testa ed alla eleganza della linea, che il vestito da sera accentua col suo carattere di uniforme.

     

    Tra i due gruppi, distanziati, il collegamento è realizzato da un fondale d’ispirazione prettamente musicale riportato su due bassi elementi inclinati e concavi e rappresentato quasi nella espressione grafica delle pagine di uno spartito con delle linee di pentagramma e con simboli e segni musicali, che dallo sparito stesso, con i suoi andamenti ascensionali e alternati delle battute, degli accordi, delle pause e dei tempi, trae un motivo moderno di rappresentazione plastica in cui, le figure umanizzate delle sette note, si alternino e si intreccino sul pentagramma in voli e in movimenti di danza e di riposo, a significare lo slancio lirico della composizione musicale.

     

    Nel complesso monumentale è stato inserito un elemento che riteniamo possa essere validamente accettabile come espressione della musicalità e del dinamismo proprio di una composizione strumentale e lirica: l’acqua. L’acqua non intesa come fontana decorativa o come giuoco di abili spruzzi, ma come musica, che il chioccolio degli zampilli e l’alterno scrosciare degli stramazzi determinano nelle sensazioni auditive e visive, e che sono evidentemente accostabili a quelle di una composizione lirica musicale. E’ previsto pertanto sul fondo del grande podio ed antistante alla composizione plastica del pentagramma, un semplice e stretto bacino d’acqua, dal quale emergono variamente regolati in pressione getti verticali ed una caduta a velo continuo; l’elemento acqua in flusso determinerà pertanto un proprio “accompagnamento musicale” alla composizione ambientale e l’alternarsi dei getti a zampillo davanti alle figure e ai simboli del pentagramma ne favorirà quasi la naturale tendenza al movimento.

     

    In sintesi abbiamo immaginato, attraverso un laborioso sforzo creativo fatto di controllati slanci di fantasia e di maturate considerazioni tecniche, un complesso che renda la precisa sensazione di una “lirica” di una “musicalità” fatta di forme, di linee e di spazi che quella musicalità richiamino alla mente e che, come impostazione, rientri nello spirito di onorare il maestro Giordano attraverso l’ispirazione della sua arte e delle sue opere.

     

    Scultore                                       Architetto

    Luigi Scirocchi                              Giorgio Calza Bini

     

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    Concorso Nazionale Teatro dell'Opera

     

     

    Concorso per il fastigio del teatro dell'Opera.

     

    Roma 1959

     

    L’opera dello scultore Luigi. Scirocchi raffigura le cinque muse maggiormente significative che presiedono all’Opera Lirica; è evidente che il ritmo compositivo nella sequenza delle figure aderisce al tema lirico - musicale. Il motivo chiaramente teatrale delle maschere è adoperato con spirito nuovo a raccogliere la composizione nello spazio voluto; mentre ciascuna figura resta libera nell'espressione plastica del proprio carattere ideologico: Melpomene la tragedia, Talia la commedia, Erato la lirica, Euterpe la musica pastorale, Tersicore la danza.

    L’impostazione delle figure che è sentita con moderna vivacità crea interessanti rapporti di volume e di rilievo e il gruppo staccandosi dalla parete ravviva il fastigio senza interromperlo.

    L'opera, di cui la stampa si è ampiamente interessata, è stata inaugurata con l’apertura della nuova stagione lirica romana il 26 dicembre 1959.

     

     

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    L’ARTISTA ILLUSTRA L’OPERA

     

    Ispirazione delle forme della scultura ed ambientazione

     

    Dalla interpretazione delle linee e dello stile architettonico della facciata, è derivata la sollecitazione iniziale verso un soggetto classico, la concezione di una scandita e semplice sequenza di figure espresse con moderna sensibilità plastica. la necessità di sentire gli elementi plastici staccati dalla parete di fondo, in modo da lasciar scorrere liberamente le linee architettoniche e da prendere vita nella chiarezza libera e inalterata del fastigio. Le figure allusive delle Muse e il ritmo con cui si delineano e con cui nel medesimo tempo compongono tra loro entro lo spazio prescritto, hanno origine e ragione di musicalità aderenti alla destinazione del rilievo.

     

    Significato degli elementi plastici della composizione

     

    Le cinque figure oltre a rappresentare chiaramente le cinque Muse maggiormente significative che presiedono all'opera lirica, richiamano spontaneamente nel loro raggruppamento I'evoluzione storica delle forme drammatiche e musicali che assommano nell'opera lirica moderna e precisamente le forme letterarie della tragedia e della commedia nel gruppo di sinistra e
    quelle mimiche e melodiche nel gruppo di destra, tutte volte a concludere e centrare liricamente con i singoli apporti, nella totale composizione plastica

     

    Particolare

     

    Il particolare raffigura la Musa Tersicore (ultima a destra del bozzetto) tenuto presente, soprattutto, il senso lirico e decorativo del movimento che la caratterizza.

     

    Varianti di posizione dello stesso rilievo

     

    Per la realizzazione dell’opera sono proposte due varianti: la prima con due elementi decorativi ai lati delle cinque figure, la seconda con le figure separate in tre gruppi distinti.

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    Sbarco dei Mille

     

     

    Concorso per un monumento allo sbarco dei Mille da erigersi a Marsala. Marsala, 1960

     

    GRUPPO DI PROGETTAZIONE

    Capo gruppo Scultore Luigi Scirocchi, Arch.Vittorio Ansaldo, Ing. Vinicio Brancaleoni, Arch. Domenico Galli, Arch. Filiberto Sbardella

     

    Abbiamo operato nel senso di progettare un «grande spazio coperto» dove siano narrati gli episodi dello sbarco e dove si venga a creare una serena atmosfera rievocativa, con fondali e inquadrature sui giardini e sul mare e dove la presenza dell'elemento drammatico è costituita dalle due vele bianche eseguite in ferro cemento, lasciato naturale previa martellinatura e sabbiatura.

    Con il complesso della «piazza coperta» e con le adiacenze a giardino viene, inoltre, a crearsi un «ambiente» tale da costituire « una parte nuova della città» dove la gente trovi il bisogno e il piacere di andare e di sostare. In tale maniera il monumento può entrare veramente a far parte della città e della sua vita e divenire celebrativo attraverso una sua vitalità funzionale. E anche l'episodio che esso vuol rappresentare e narrare sarà più vicino al cuore dei cittadini.

     

     

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    RELAZIONE ILLUSTRATIVA

     

    L'idea di erigere un monumento allo « Sbarco dei Mille» offre una occasione agli artisti italiani per affrontare con nuove concezioni un episodio molto suggestivo della nostra storia, data la grande importanza che esso ha avuto nella formazione dell'unità del nostro Paese.

    Partendo da questa premessa, ci siamo orientati verso una soluzione che non si rifacesse al concetto tradizionale del monumento celebrativo isolato nella sua monumentistica e staccato dal contesto urbanistico; tale concetto, infatti, anche se risolto con moderni schemi, rivela sempre un intimo «non senso », sia che si esplichi affidando l'effetto suggestivo ad un preziosismo plastico fine a se stesso (figurativo o astratto che sia), sia che si valga di elementi allegorici o simbolici, sia che cerchi di colpire l'attenzione del cittadino con una soluzione « strillata» e quindi esteriore.

    Abbiamo perciò mirato ad una progettazione che avesse caratteri di vitale profondità, ideando un complesso a « piazza coperta» che - nuovo centro di vita - divenga unione, materiale e spirituale insieme, tra la via percorsa dai Mille ed il centro storico e civico di Marsala, esplicando cioè una sua funzionalità ideologica senza gonfie trovate, ma con tono di alto decoro adeguato alla grandiosità dell'impresa.

    La grandezza e il carattere dello spazio a disposizione, unito per di più alla presenza del mare, ci ha suggerito di porre il mare come elemento costruttivo e parte integrante del monumento stesso.

     

    DESCRIZIONE

     

    Piano di base

     

    La base del complesso è costituita da una pedana che si alza di circa un metro rispetto al piano stradale.

    Saliti sulla base, un passaggio ora più alto, ora più basso, guida il cammino tra i blocchi prismatici in cui sono scolpiti gli episodi e sui quali, ad un'altezza di metri 6,50 dal suolo, poggia la copertura dello spessore di un metro internamente cava, e costituita da una struttura reticolata di cemento armato.

     

    Copertura

     

    Questa copertura è, in alcuni punti bucata ad aria passante e in altri, bucata sempre, ma chiusa con vetro-cemento superiormente e lastre di materiale bianco trasparente opaco inferiormente, in modo da permettere il solo passaggio della luce. Queste aperture giocano in corrispondenza di parti a verde o di blocchi scolpiti che così vengono ad essere esaltati ed illuminati.

     

    La scultura

     

    La scultura che vive nel volume del blocco prismatico, richiama lo spirituale incontro tra la Sicilia e i Mille negli episodi dello sbarco, a volte annotando e a volte soffermandosi per concludere con intensità, in modo che il visitatore nel suo itinerario evocativo sia invitato a soste più lunghe o a brevi passaggi, a seconda che la sua attenzione sia bloccata da una figurazione o sollecitata al passaggio da un elemento all'altro.

     

    Le sculture

     

    Il rilievo vuole proporre, richiamare con forza evocatrice più che narrare con determinismo, vuole impegnare la fantasia e il sentimento del visitatore, evitandogli di subire un inventario visivo di personaggi e di fatti; vuole riferirsi alla vitalità popolare dell'episodio senza però immiserirlo ed esaurirlo nella sua limitata realtà, ma lasciando le molteplici figurazioni libere di unirsi in una sintesi ideale nel vasto spazio in cui sorgono.

     

    Bacino e vele

     

    AI centro della copertura un grande vuoto permette il passaggio delle due grandi vele che sorgono dall'acqua del mare portata attraverso un canale al centro del complesso.

    Dal livello della pedana si scende infatti per mezzo di scale al piano inferiore (che è al livello del mare) dove l'acqua che penetra attraverso un canale - partendo dalla vicina riva dove avvenne lo sbarco - forma un largo bacino; da esso sorgono quindi due bianche vele che per mezzo di riflettori posti alla loro base sono di notte illuminate dal basso, costituendo così due sciabole di luce che si levano verso il cielo. Il mare è qui elemento essenziale, che partecipa con la sua realtà; e pertanto elemento architettonico per il suo apporto orizzontale che richiede il sorgere delle due vele; elemento emotivo che penetra ed è accolto, suscitando il concetto spirituale di un incontro e di un vincolo fra la città marinara e l'episodio storico dello sbarco.

     

    Ambiente Museo

     

    Attorno al bacino, al suo stesso livello, si apre un ambiente coperto, che viene a trovarsi sotto la piattaforma o pedana e che, con opportuna sistemazione, potrebbe funzionare da museo ove raccogliere dei cimeli, oppure essere limitato da un muro a pietrame nudo con scolpite delle frasi. Questo ambiente si prolunga sulle rive del canale ai lati del quale si aprono i giardini.

     

    Giardini

     

    Si viene così a costituire una passeggiata in giardini posti in riva al mare, venendosi a creare un ambiente estremamente piacevole ove prolungare la permanenza nel nuovo complesso.

    Data l'ampiezza dello spazio (a disposizione e da sistemare) pensiamo che una soluzione del genere abbia anche il vantaggio di ristrutturare e qualificare urbanisticamente la zona. Potrebbe infatti l'area limitrofa al di là dei giardini, avere una sistemazione con particolari edifici di tipo pubblico, purché non in contrasto col carattere dell'opera.

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    Via Crucis

     

     

    Concorso Nazionale opera d'arte per il nuovo padiglione Ospedale S. Camillo. Roma, 1967

     

    L'artista illustra l'opera

     

    Per svolgere la raffigurazione della Passione in due grandi tempi, come richiesto dal bando, ho sviluppato una narrazione ininterrotta, senza cioè i consueti riquadri che separano e isolano le singole "Stazioni". La soluzione continuativa da me proposta, dà alla composizione un respiro più ampio e più fluido, quindi più idoneo a una sequenza episodica di parecchi metri, che in tal modo si snoda secondo un ritmo battuto da necessità plastiche costruttive pur senza venir meno alle rituali esigenze liturgiche.

    La componente luminosa delle vetrate entra a far parte dell'andamento compositivo dei volumi e degli spazi lungo tutta l'estesa frase narrativa. Il singolo avvenimento sacro, liberato da ogni inquadratura prefissa, realizza la propria sintesi secondo un movimento plastico concettuale.

     

    Così l'episodio della Crocefissione, (tema del particolare al ve ro), si delimita nella propria atmosfera di sovrumana tragedia, rivissuta con particolare intensità. Pertanto allontanandomi da riferimenti svuotati dalla consuetudine, ho dato voce a nuovi personaggi ed elementi che drammatizzano con forza la scena del martirio inumano in funzione di "coro" irridente; in contrasto alla pagliacciata brutale e urlante, trascende il pathos del silente sacrificio Divino.

     

     

     

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    Fontana per l'Ospedale Civile di S. Chiara

     

     

    Progetto per concorso per un'opera d'arte per l'ospedale civile di S. Chiara. Trento - 1968

     

    L'artista illustra l'opera

     

    L'ubicazione della fontana, indicata dal bando di concorso, in posizione centrale al piazzale d'ingresso dell'Ospedale, ha richiesto un attento esame sul posto del contesto plani-volumetrico esistente e delle sue caratteristiche stereometriche.

    A fronte della rigida simmetria dei corpi di fabbrica che fanno da fondale al piazzale, ci é sembrato opportuno puntualizzarne il baricentro con un complesso artistico-decorativo di pura forma geometrica, ma di immediata accezione, tale, cioè, da poter esprimere di colpo tutto il suo significato, nella tematica e nella forma, agli utenti del piazzale, certamente frettolosi e tutt'altro che disposti a pause contemplative.

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    Tale postulato programmatico ha assunto, nella elaborazione del nostro progetto, un potere decisionale preminente, che ci ha sempre guidato man mano che l'idea-base prendeva corpo e si estrinsecava definitivamente.

    Due forme ellittiche concentriche, con diametri diversi ma in costante reciproco rapporto, rappresentano lo schema sostanziale dell'opera da noi progettata e mirano a condensare la visione geometrica d'impostazione in modo chiaro e conciso, mantenendone inalterata la sua formale purezza anche nell'evolutivo sviluppo tridimensionale.

     

    Sulla pista elicoidale d'inviluppo al bacino d'acqua, di larghezza ed elevazione gradualmente crescenti, a conclusione della sua dinamica ascesa, si erge il gruppo scultoreo in bronzo che, pur con diverso linguaggio espressivo, pare raccogliere le linee-forza della fascia-pedana per proiettarle ancora oltre, verso lo svettante getto d'acqua verticale, cui tende, in armonica simbiosi tra tematica ed espressione formale, tutta la composizione.

    E' evidente, cioè, che il gruppo scultoreo non é un casuale ammennicolo decorativo, ma l'acme naturale e spontaneo dell'evento plastico da noi immaginato. E' importante, ci sembra, che nel diorama architettonico del piazzale, così coerente e stringato, l'episodio centrale non si frantumi in accenti frammentari e dispersivi.

     

    Pertanto, l'unico elemento scultoreo della fontana progettata, sarà caratterizzato da una essenzialità, espressiva al limite dell’astrazione, di coerente significato e di pregnante plasticismo in ogni sua parte.

     

    Siamo a Trento, città montanara, tra le Alpi, non lontana da vette altissime, che costituiscono l'habitat naturale dell' " Aquila chrysaetos ", l'aquila reale, cioè, ammirevole nei suoi fieri atteggiamenti, e ci piace pensare che il gruppo di aquilotti da noi raffigurato, protesi verso il getto d'acqua verticale, possa evocare facilmente la regione trentina ed i suoi abitanti, accorrenti fiduciosi, questi, al loro nuovo grande Ospedale per ritemprarsi e risorgere a nuova vita.

    Tema semplice e, ci sembra del tutto pertinente alla tipologia dell’edificio di cui la fontana sarà il principale ornamento.

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    Concorso per un'opera d'arte per la stazione di Savona-Mongrifone

     

     

    Il concorso è stato annullato e successivamente ribandito. 1969

     

    L’artista descrive l’opera, da realizzarsi in bronzo, destinata alla stazione di Nervi.

     

    La stele di forma irregolare e angolata su ogni faccia risulta idonea ad un ambiente ove, essendo gli ingressi posti su più lati, è necessario risolvere la sistemazione dell’elemento scultoreo in modo che risponda al movimento variato del traffico dei passeggeri.

     

    LATO 1

    La composizione è staccata da terra, e appare come una visione che si eleva sul mare: da onde irreali esce la sagoma di una nave puntata verso le prime ardue esplorazioni.

    In alto, le vele che hanno sapore di elementi di sogno, evocano la visione delle nuove imprese in cui si è trasformato lo spirito avventuroso di questa gente ed emerge, fra l’ossatura delle transenne e dei tralicci, il movimento alterno dei lavoratori siderurgici. Di lato tutta la composizione è contenuta e guidata dalla linea dinamica delle sovrastrutture metalliche formanti l’ossatura angolare di tutto l’elemento scultoreo.

     

    LATO 2

    L’immagine interrotta di una prua, sulle linee tranquille delle onde, tra sagome di altre navi e scorci di mura, crea l'ambiente del porto. Nell'incavo dello scafo una catena di pescatori che ritira le reti ci dice l'aderenza sempre attuale di questa gente col mare da cui tutto deriva. In alto le vele riempiono il cielo del porto sul quale assommano in sintesi gli scorci medioevali e le moderne conquiste industriali.

     

    LATO 3

    Di fianco alle torri metalliche, si levano lungo le antiche mura, sagome di figure appena sognate, che escono da quel tempo della storia civica in cui il popolo si raccoglieva attorno al vescovo nell’'affermazione delle prime rivendicazioni comunali e in cui si formò il carattere autonomo, battagliero e ribelle della Città. In alto a difesa di tutte le conquiste, ancora la voce della “campanassa” tra mura antiche e nuove strutture.

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    Concorso per un'opera d'arte per la stazione di Savona-Mongrifone

    Secondo bando di concorso

     

     

    Il concorso è stato annullato e successivamente ribandito. Questa versione del 1970 è quella che è stata poi realizzata.

     

    Gli Addii

     

    La composizione plastica, si snoda con andamento curvilineo ed offre a chi transita un illusorio moto delle figure col variare dei punti di vista. L'evento plastico è concepito con significato tematico coerente al substrato umano delle masse che si avvicendano in una grande stazione; l'emotività che il traffico disperde assomma in sintesi nei disparati movimenti delle sculture. Il lirismo dinamico di cui è carica l'opera è in perfetta sintonia con l'atmosfera che si vive sul luogo, tra arrivi e partenze, tra incontri e distacchi; stati d'animo in transito a contrasto con la ferrea realtà meccanica e funzionale che la composizione rende inserendo, tra il moto delle figure, rigidi elementi di ferro. In quest'opera l'artista con trascendenza ideativa lascia insolute le forme umane, in un'evocazione fuggevole del reale e per trasposizione ideale raffigura in esse la folla anonima che disfa lo propria identità nel via-vai frettoloso del traffico.

     

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    L’artista illustra l’opera

     

    Ho immaginato, nel contesto arboreo della stazione, un evento plastico a forte caratterizzazione, puntualizzato da un’idea base di facile presa sulla frettolosa attenzione dei visitatori, e articolato in due episodi, dinamici nella forma e nel contenuto.

    Il significato tematico insito nella contrapposizione dei due andamenti compositivi, collegati nello stesso tempo tra loro da una rispondenza espressiva delle sculture, è coerente con il substrato umano della vita quotidiana di una movimentata stazione ferroviaria dove c'è sempre il contrasto palese, e nel contempo l'incontro, tra chi resta e chi parte, chi attende e chi arriva.

    Un'eguale rispondenza è tra l'atmosfera che si vive nel luogo e le figurazioni plastiche, alle quali viene trasferito il lirismo dinamico di cui essa è satura, fatto di distacchi e d'incontri di stati d'animo in transito, a contrasto con la ferrea realtà meccanica funzionante.

    Pertanto il sintetismo plastico delle sculture carico di sensibilità è l'espressione di tale mondo rievocato idealmente.

    Con tutta evidenza quindi, l'assunto tematico e l'espressione plastica, ben godibile nel particolare, si fondono con piena validità sul piano estetico e decorativo.

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    Concorso per un’opera d’arte per il centro di recupero per l’infanzia poliomielitica “Nido Verde Lida Cini”

     

     

    Opera premiata, 1972.

     

    L'artista illustra l'opera

     

    Ferma restando la mia individualità espressiva, ho interpretato il tema del Bando con un'opera che si accorda alla natura del luogo e si inserisce, con moderna libertà di concezione, nella particolare sistemazione ambientale e strutturale del Centro. La scultura infatti richiede, per elevarsi con i suoi elementi arborei, il prato o la zolla e sente la necessità che la piena luce invada i vasti spazi in cui vivono figurazioni idonee alla gioiosità del luogo. Inoltre, in armonia con la movimentata planimetria del complesso, le linee costruttive compongono fra loro in modo diverso secondo i vari punti di vista, apportando variazioni di movimento a spazi e volumi.

     

    Le possibilità dialettiche che arte e ambiente manifestano agendo sull'acuta sensibilità dei bambini nel facilitare e stimolare la loro ripresa fisica, come nel formare il loro carattere, mi ha suggerito un tema le cui figurazioni in movimento, impegnate in un gioco che è anche sforzo d'ascesa, possano, sollecitando lo spirito imitativo dei fanciulli, essere per loro d'incentivo nei tentativi per raggiungere la normalità fisica; un tema che per la poesia del contenuto, seduca soprattutto la loro fantasia, stimolando gioiosamente l'anelito di libere conquiste individuali.

     

     

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    Tematica

     

    Le possibilità dialettiche che arte e ambiente manifestano agendo sull'acuta sensibilità dei bambini con handicap, nel facilitare e stimolare la loro ripresa fisica, come nel formare il loro carattere, mi ha suggerito un tema le cui figurazioni in movimento, impegnate in un gioco che è anche sforzo d'ascesa, possano, sollecitando lo spirito imitativo dei fanciulli, essere per loro d'incentivo nei tentativi per raggiungere la normalità fisica; un tema che per la poesia del contenuto, seduca soprattutto la loro fantasia, stimolando gioiosamente l'anelito di libere conquiste individuali.

     

    Così, tra gli elementi laterali che delimitano e guidano la composizione ascendente, le figure dei due fanciulli vivono, come in un gioco felice, il sogno del volo che l'infanzia tutta persegue con la certezza di poter afferrare l'ala sfuggente per farsi trascinare più in alto; e tutta l'azione resta fantasticamente sospesa nella meravigliosa possibilità di conquista. In tal modo l'opera assume il valore di realtà costruttiva, operante verso uno sforzo e un superamento, e palpita del medesimo impulso che anima tutta l'Opera benefica. Non ho avuto quindi bisogno di ricorrere a sterili riferimenti allegorici o a deprimenti immagini per interpretare in modo figurativo le finalità del Centro: la chiara composizione che porta in alto il cuore di due bambini, verso la libertà del volo, rende il mondo stesso del Nido.

     

    L'opera seduce indubbiamente l'immaginazione del piccolo degente; indubbiamente le figure dei due fanciulli lo invitano a farsi partecipe della loro gioiosa intesa per tentare l'impresa ardita che lo affascina; lo chiamano dalla luminosità aerea perché egli per miracolo di fantasia vi si immetta, libero del suo male, apportando nel gioco la sua personalità.

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    Bassorilievo dell'I.N.P.S. di Ravenna

     

     

    Si intitola “Mito e lavoro”, vi è raffigurato anche Teoderico e fu realizzato nel 1959 dallo scultore romano Luigi Scirocchi

     

    La legge 29 luglio 1949 n. 717 prevede che il due per cento del costo sostenuto per la costruzione di ogni nuovo edificio pubblico sia destinato ad opere d’arte di abbellimento (per importi rilevanti, la percentuale si riduce, fino allo 0,5 per cento). Vengono banditi a tale scopo appositi concorsi, dando indicazioni di massima sul significato che l’opera deve rappresentare e che deve avere un legame col contesto in cui sarà inserita. A garanzia di una buona integrazione tra l’architettura e l’opera d’arte, il progettista dell’edificio fa parte della speciale commissione chiamata a decidere sull’assegnazione dell’incarico. Tale norma è attualmente quasi sempre disattesa, ma non era così negli anni Cinquanta e Sessanta, con una ricaduta positiva sugli artisti, che avevano così la possibilità di veder realizzate le loro opere e quindi di guadagnare. Ha permesso inoltre di inserire opere d’arte di pregio in ambienti frequentati dal pubblico, ma nel contempo ha fatto collocare sculture, mosaici e quadri “isolati”, rendendoli quindi - a volte - poco conosciuti.

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    Il bassorilievo dell’I.N.P.S. di Ravenna

    Nella parete laterale dell’ingresso alla sede provinciale I.N.P.S. di Ravenna è murato un grande bassorilievo marmoreo. Misura cm 317 x 207 e ha uno spessore di cm 13; è realizzato in marmo bianco di Carrara ed è firmato sul fianco destro, in basso, «Scirocchi». L’autore è infatti lo scultore romano Luigi (Gino) Scirocchi, il quale realizzò tale opera nel 1959, quando si stava completando la nuova sede ravennate dell’ente previdenziale. L’autore così descrive la sua opera: «la visione sognata della Ravenna bizantina svanisce nel fondo, di contro agli emergenti volumi delle strutture moderne del lavoro». L’edificio venne inaugurato domenica 7 febbraio 1960 dal ministro del Lavoro e della Previdenza sociale del 2° Governo Segni, il ravennate Benigno Zaccagnini.

     

    “Mito e lavoro”

    Il titolo dell’imponente scultura - Mito e lavoro - ne riassume il contenuto. Il “mito” è quello di Teoderico e dello straordinario patrimonio storico ed artistico di Ravenna, già capitale dell’Impero romano d’Occidente (dal 402 al 476), poi del Regno ostrogoto (dal 493 al 526) e quindi dell’Esarcato bizantino (dal 540 al 751). Per rappresentarlo, lo scultore ha scelto alcuni dei monumenti cittadini più significativi e ha preso spunto dagli antichi mosaici di cui Ravenna è ricca. Ha riprodotto tre figure prese dal mosaico del Corteo delle Vergini della navata centrale di Sant’Apollinare Nuovo ed ha raffigurato una serie di monumenti ravennati.

    A rappresentare il “lavoro”, Scirocchi ha scelto un intreccio di ciminiere, impianti chimici, ponteggi e tralicci, collocando in primo piano due operai che scaricano a fatica delle merci da un’imbarcazione, mentre un terzo lavora su un’impalcatura.

     

    Il ritratto di Teoderico

    Ispirandosi al famoso pannello musivo di San Vitale con Giustiniano e il suo seguito, lo scultore romano ha ritratto Teoderico il quale, dopo aver sconfitto Odoacre, fu Rex Italiae per 33 anni. Durante il suo regno Ravenna visse un periodo di sviluppo, col ripristino dell’acquedotto e degli antichi monumenti e la costruzione di nuove chiese e ricchi palazzi.

    I ritratti del re goto sono pochissimi e Scirocchi lavorò di fantasia, forse attingendo alla miniatura contenuta nel Codice Leidense delle Variae di Cassiodoro o alla medaglia d’oro - ø mm 33 - conservata dal Museo Nazionale romano (in cui ha però fattezze completamente diverse: volto paffuto e sbarbato e capigliatura fluente).

    Lo scultore ha raffigurato Teoderico con le insegne regali (la corona e lo scettro), affiancato da un dignitario e da un soldato che porta uno scudo con l’aquila.

    Il pannello culmina con un volo d’uccelli tra gli alberi; sempre in alto, a sinistra, è scolpita una scena con un cavallo al galoppo; è forse un riferimento al mito della morte di Teoderico (cantata anche da Carducci: La leggenda di Teodorico in Rime nuove, 1887). Il vecchio re sarebbe andato a caccia di una cerva dalle corna d’oro, ma il suo nero destriero (il Diavolo) avrebbe iniziato una corsa forsennata, precipitando infine nel cratere dello Stromboli col cavaliere in groppa. L’individuazione del personaggio è resa possibile dagli appunti dell’artista, conservati dal figlio Augusto, che fanno riferimento alla «vita di Teodorico».

    Nel 1968 Scirocchi partecipò al concorso per la decorazione della nuova sede provinciale I.N.P.S. di Bologna, ma fu un altro artista ad aggiudicarsi tale commessa.

     

    Opere di Scirocchi a Roma

    Luigi Scirocchi era nato il 21 agosto 1905 a Roma, dove è morto il 20 novembre 1989. Ha sempre avuto il suo studio nella capitale, salvo un periodo giovanile in cui soggiornò a Parigi e brevi assenze quando andava a scolpire a Carrara.

    Nella cappella dell’Auditorium della Conciliazione si trovano varie sue opere: un grande crocifisso in bronzo e il tabernacolo (1949).

    Per i due edifici di testata di via della Conciliazione, egli realizzò le due semplici ma originali fontane alla base e scolpì nel travertino i grandi stemmi di Pio XII e del Comune di Roma, posti in vetta (1949).

    La sua opera più conosciuta (e probabilmente la più bella) è il fregio in bronzo che si trova sulla facciata del Teatro dell’Opera (1959). Sono cinque leggiadre figure, che misurano complessivamente m 2,5 x 5, e rappresentano - in un insieme assai armonico - le muse attinenti al teatro: Melpomene, Talia, Tersicore, Polimnia e Calliope.

    Un’altra bella opera “romana” di Scirocchi è un gruppo di figure in bronzo per la fontana Le arti nel bosco del Parnaso (1963), che si trova a Monte Mario, nel piazzale dell’hotel Hilton.

    Una sua grande scultura in bronzo di ben cinque metri - il Gesù “maestro” (1965) - è in cima alla facciata dell’Università Pontificia Salesiana (quartiere Nuovo Salario).

     

    Altre opere in giro per l’Italia

    Scirocchi vinse - nel 1945 - il concorso per un’opera da collocare presso la sede I.N.A.I.L. di Torino. Si tratta di due grandi stele in travertino, intitolate Il Lavoro e raffiguranti ad altorilievo diverse attività dell’uomo, come l’edilizia, i trasporti, l’officina meccanica, il commercio, l’allevamento, la pesca e l’agricoltura. Sono suoi la Via Crucis e l’altare (col relativo corredo) nella cappella del Seminario di Foggia (1961).

    Si costruì sull’Aspromonte - nel 1965 - il cosiddetto Mausoleo di Garibaldi. Sorge nel bosco tra Sant’Eufemia e Gambarie, nel luogo in cui l’Eroe dei due mondi venne ferito dai piemontesi il 29 agosto del 1862. Per tale edificio, Scirocchi preparò il grande bassorilievo in bronzo della facciata, che raffigura il generale in mezzo alla mischia, intento a cercare di fermare il combattimento tra i suoi volontari e i bersaglieri italiani.

    Nel 1968 lo scultore romano progettò un artistico cancello in ferro e bronzo per il carcere di Trani. Nello stesso anno si aggiudicò anche la costruzione di una grande cancellata - sempre in bronzo e ferro battuto - nel carcere di Foggia. Sempre nel ’68, egli creò, per il giardino dell’ospedale Di Venere - a Carbonara, presso Bari - un gruppo di tre sculture destinate a una fontana. Nel 1970 vinse il concorso per opere artistiche da collocare nel penitenziario di Potenza. Sempre in tale anno, egli realizzò, due fontane monumentali (Arrivi e Partenze) per la stazione di Savona-Mongrifone (progettata da Pier Luigi Nervi). Per la facciata della vicina stazione ferroviaria di Albisola, modellò l’anno dopo un grande pannello in ceramica policroma.

     

    Commissioni private e all’estero

    Nel 1958 vennero commissionati a Scirocchi il pulpito e due acquasantiere, da collocare a Manila (Filippine) nella cattedrale di Nostra Signora dell’Immacolata Concezione, ripristinata dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale. Le acquasantiere ebbero molto successo e loro immagini furono pubblicate da parecchie riviste religiose. Si tratta di una coppia di angeli, che tengono la veste drappeggiata in modo da contenervi l’acqua benedetta.

    Nel 1960 lo scultore creò un gruppo di quattro Angeli musicanti, in bronzo, per la tomba Diurni, nel cimitero di Anagni.

    L’anno dopo egli decorò con un pannello in bronzo, raffigurante il Cristo morto (con angeli piangenti) la tomba della famiglia Urciuoli a Potenza. Per l’ing. Fedele Cova di Borgomanero, che aveva curato il progetto generale dell’Autostrada del Sole, plasmò nel 1978 un grande pannello in bronzo per la tomba di famiglia. Oltre a un crocifisso, vi sono raffigurati i principali monumenti delle maggiori città toccate dalla nuova arteria: Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli e poi gallerie, svincoli, viadotti e corsie autostradali.

     

     

    di Enrico Baldini. Articolo pubblicato sulla rivista “Il Romagnolo” n° 120 gennaio 2015.

     

     

Luigi Scirocchi

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